Venezia è maledettamente umida. Il cielo è grigio, per la nebbia. Il microonde puzza di cannella, quando lo apro per metterci a bollire l’acqua. Vorrei un’ultima cicca, ma mi strafogo di M&M’s, mentre aspetto la camomilla. E’ diventato un rituale, prima di andare a dormire. Spero che mi rilassi, che mi faccia fare pace col sonno: vado a dormire tardi, dormo male, mi sveglio tardi e nervosa. Così in loop da più di un mese.
E nel frattempo, c’è una voce nella mia testa che mi dice continuamente che andrà tutto malissimo.
Mi ripete che non valgo niente, che sbaglio tutto quello che faccio o che lo faccio male, che non farò mai nulla nella mia vita. C’è questa voce nella mia testa che cerco di non ascoltare, per la maggior parte del tempo. Ma poi ci sono questi giorni in cui prende il sopravvento e si impossessa di tutti i miei pensieri, riducendo tutto a se stessa. E mi ripete che andrà tutto male. Così, in loop. Ritorna, a cicli alterni. Quando le cose vanno bene, grosso modo. Quando non c’è nulla che non va, o di cui possa lamentarmi. Lei ritorna per ricordarmi di stare attenta, di non abbassare la guardia, che la situazione precipita in un secondo, e che, quando meno te lo aspetti, andrà tutto malissimo.
Ho finito gli esami, a giugno. Ora devo scrivere la tesi. E sono bloccata.
Ho paura. Ho una paura matta, che andrà tutto malissimo. Dopo, adesso.
Cosa ne sarà di me? Cosa farò nella mia vita? Scrivo la tesi, e poi dovrò discuterla davanti a delle persone che non capiranno nulla di quello che sto dicendo perché il mio inglese fa schifo. Perché ho deciso di fare l’Università in inglese? Che io l’inglese manco lo parlo bene. Perché devo sempre fare cose più grandi di me? Non ne ero all’altezza. Perché l’ho fatto? Perché?
E poi, se pure dovessi riuscire a ingannare tutti e laurearmi, dopo cosa farò? Non riuscirò mai a trovare un lavoro, dovrò vivere sulle spalle di mamma e papà per il resto della mia vita. Sarò una fallita.
Ok, penso di essermi resa abbastanza ridicola con i miei pensieri catastrofici, ma vi posso assicurare che in certi momenti mi spaventano davvero, mi bloccano e mi impediscono di fare un passo avanti.
Per l’ennesima volta, mi sto auto-sabotando.
Ormai me ne accorgo, mi rendo conto di quando lo faccio. E questo è esattamente il momento in cui prendo un bel bastone e lo infilo tra i raggi della ruota davanti della bicicletta che sto guidando, che mi scaraventa al suolo. Quando mi rialzo, sanguinante, mi guardo intorno per capire cos’è successo, chi è stato ad avermi fatto cadere? E mi rendo conto di essere stata io, io e solamente io.
E perché? In fondo alla strada c’era una salita, con un sentiero brecciato, un po’ tortuoso, e avevo paura di arrivarci, e di provare a salire, perché forse non ce l’avrei fatta, forse sarei potuta cadere e farmi male, forse non sarei riuscita ad arrivare in cima, forse sarei dovuta scendere e portare la bici a mano, forse forse forse.
Allora meglio se cado prima, senza averci nemmeno provato?